Ti sei mai chiesto come sarebbe la tua vita se un giorno ti svegliassi e il tuo nome fosse sui giornali, sul web e sui telegiornali nazionali, accusato ingiustamente di qualcosa di grave che non hai commesso? Un fatto così lesivo per la tua immagine professionale da rischiare di comprometterla per sempre e irrimediabilmente.
Immagina lo shock, l'angoscia e la sensazione di impotenza. La consapevolezza di una progressiva esplosione di queste news, soprattutto nella loro visibilità online, dove chiunque con un click (digitando il tuo nome o anche solo facendo una ricerca generica sulla cronaca più attuale) può raggiungere queste informazioni che, sebbene distorsive della realtà, vengono percepite dagli utenti che non ti conoscono come una assoluta verità, forti della autorevolezza di cui godono poiché diffuse da organi di stampa.
Questo è esattamente ciò che è successo alla Preside di un noto liceo romano, accusata falsamente di avere intrattenuto una relazione sentimentale con un suo studente minorenne. Prima ancora che le indagini dell'Ufficio Scolastico Regionale dimostrassero l'infondatezza delle accuse , la donna è stata oggetto del prolungato e morboso interesse dei media, che l'hanno da subito condannata, diffondendo altresì dettagli pruriginosi, basati sulle fantasiose dichiarazioni dell’accusatore, senza alcun riguardo per le regole fondamentali del codice deontologico giornalistico o per i principi giuridici di continenza e verità dei fatti.
In particolare, la narrativa approssimativa propugnata dai media è stata frutto evidente di una totale mancanza della verifica delle fonti nonché dei canoni di essenzialità dell’informazione.
Il caso
L'ingiustizia subita
Se sei una donna di successo che ricopre un ruolo di responsabilità in un ambiente prevalentemente maschile, devi essere preparata ad affrontare attacchi ingiustificati e infondati come quello del caso di cui vi parliamo in questo articolo.
Un ex studente diciannovenne sporge denuncia contro la Preside dell’istituto scolastico che frequenta, accusandola di aver avuto una relazione impropria con lui. Le accuse vengono esageratamente amplificate dai media, che immediatamente espongono la Preside ad una gogna mediatica senza appello.
Emergono dettagli di presunte chat, video e audio che confermerebbero l’accaduto e gli articoli indugiano pesantemente sul fatto che fosse la Preside a porsi con insistenza per promuovere e intensificare la relazione clandestina. L'Ufficio Scolastico Regionale conduce un'indagine approfondita, rivelando infine che le accuse erano del tutto infondate: l’intera storia era completamente inventata .
La Preside aveva infatti sempre negato con veemenza tutti gli addebiti, ipotizzando che forse il ragazzo avesse agito in quel modo per impressionare i propri compagni di classe con una avventura che creava scalpore.
La gogna mediatica
Nonostante la Preside abbia negato le accuse e l'assenza di prove a sostegno, i media hanno condannato immediatamente la donna. La Preside è stata bollata dai media come colpevole prima ancora che fosse esperita una adeguata indagine sui fatti.
Frasi offensive erano apparse sui muri della scuola, a testimonianza dell'impatto che simili falsità possono avere sulla reputazione di una persona.
La verità emersa dalle Indagini dell'Ufficio Scolastico Regionale
Le indagini condotte dall'Ufficio Scolastico Regionale hanno rivelato come le accuse rivolte alla Preside fossero infondate e prive di riscontri.
Dalle verifiche effettuate è emerso come il rapporto tra la Preside e lo studente accusatore fosse meramente formale e legato al ruolo istituzionale ricoperto dalla Dirigente e dal ragazzo, in qualità di rappresentante degli studenti. I contatti tra i due, seppur frequenti, erano funzionali allo svolgimento delle attività scolastiche e non avevano alcuna connotazione sentimentale o intima.
Le dichiarazioni del ragazzo, rese poi anche ai media, sono apparse inverosimili e non suffragate da alcuna prova concreta. Le presunte confidenze fatte agli amici, così come i messaggi scambiati, non sono stati mostrati agli inquirenti, rendendo palese la natura falsa e strumentale delle accuse.
La Preside è stata quindi oggetto di un'ingiusta gogna mediatica, basata su illazioni e accuse prive di fondamento, che hanno irrimediabilmente leso la sua reputazione professionale e personale. La Dirigente scolastica ha subito una grave violazione del suo diritto alla presunzione di innocenza, venendo condannata dall'opinione pubblica senza possibilità di difesa.
L'importanza di verificare le fonti e tutelare la reputazione
La vicenda in commento rappresenta in modo emblematico quanto sia doveroso, da parte di chi si occupa di fare informazione, verificare accuratamente le fonti da cui provengono le informazioni e improntare l’attività giornalistica alla massima cautela nella redazione di articoli, evitando di abusare della discrezionalità che gli viene riconosciuta nella scelta dei dettagli su cui soffermarsi (essenzialità dell’informazione).
Principi che troppo spesso sembrano essere sacrificati dai media in virtù di un sensazionalismo che incrementi i click, senza alcuna considerazione delle devastanti conseguenze per i soggetti coinvolti.
Il diritto all'Oblio e la rimozione di contenuti lesivi
In ragione della assoluta inconsistenza fattuale degli addebiti mossi alla Preside, della conseguente assenza di un interesse pubblico ad avere accesso a informazioni non pertinenti al soggetto e dell’ampio lasso di tempo intercorso dalla pubblicazione di queste notizie (che per le dinamiche tipiche del web si traduce nella quotidiana e reiterata diffusione di queste news, ad un click di mouse da chiunque) la donna ha decisamente pieno diritto di essere dimenticata.
Il cosiddetto "diritto all'oblio", disciplinato dall’art. 17 del GDPR, le consente di chiedere non solo ai motori di ricerca ma anche ai Titolari “primari” (ovvero gli editori delle testate che hanno contribuito alla sua negativa esposizione mediatica) di deindicizzare le pagine web contenenti le informazioni pregiudizievoli, fuorvianti a lei riferite.
Si tratta di un diritto fondamentale di cui abbiamo parlato nel nostro precedente articolo (https://www.awmsolutions.it/blog/consigli-diritto-all-oblio/) il cui esercizio ha per effetto la tutela dei dati personali di un interessato (che in questo caso si riflette anche sulla reputazione del soggetto) mediante la sottrazione dal pubblico e facile accesso di determinati contenuti online inerenti a informazioni per evitare che una persona debba affrontare conseguenze sproporzionate e ingiuste per episodi del passato rispetto ai quali risulta non più giustificabile il trattamento (nel nostro caso consistente nell’impiego del nome e cognome nonché delle immagini della Preside all’interno delle news).
La Preside ha infatti dichiarato di voler agire a tutela della propria privacy e reputazione (https://www.open.online/2022/06/05/sabrina-quaresima-denuncia-giornali-violazione-privacy-rispettabilita/) rivolgendo la propria azione di denuncia nei confronti di giornalisti, direttori, testate ed editori che hanno contribuito in modo così marcato al danno professionale e di immagine subito.
Conclusioni
In conclusione, questo episodio dovrebbe ricordarci l'importanza per il rispetto di principi costituzionali quali la presunzione d'innocenza e fungere da esempio per ricordare a tutti che deve esistere sempre un’etica giornalistica.
Una reputazione impiega anni a costruirsi ma basta un attimo per distruggerla ingiustamente.
La reputazione e l'onore di una persona sono beni preziosi che vanno difesi e non possono essere sacrificati sull'altare del sensazionalismo.
Noi di AWM Solutions crediamo nel valore della buona informazione e nel rispetto dei diritti, in particolare per quanto attiene la tutela dei dati personali e della reputazione.
Se anche tu sei stato vittima di una ingiusta esposizione mediatica e ritieni che la tua immagine online sia stata compromessa, visita la nostra sezione dedicata [ https://www.awmsolutions.it/web-reputation/] ai servizi di web reputation e contattaci per una prima consulenza gratuita.
15/12/2023